Carlo Ferruccio Tondato Carlo Ferruccio Tondato
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La musica di Carlo Ferruccio Tondato

Incontro alla Passacaglia

Release Date: 25 December 1999
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Incontro alla Passacaglia

La scelta delle opere che concorrono a formare il programma di un concerto può essere suggerita o determinata da fattori quanto mai casuali. Talvolta sarà la ricorrenza di un centenario o bicentenario della nascita o della morte di un grande musicista, tal altra la disponibilità di un determinato organico orchestrale (questo vale naturalmente soltanto per la musica di assieme) a suggerire una data scelta nello sterminato campo di una letteratura che più vasta non potrebbe essere.

Ad un solista avviene invece di volersi cimentare con lo stile di un determinato autore o di voler approfondire una determinata tecnica strumentale, più spesso di voler dimostrare la propria capacità di dominare stili e tecniche completamente diverse. In generale è preferibile concepire programmi ove i singoli brani, ancorché di autori diversi, siano legati da qualche affinità, in modo tale che il percorso attraverso i loro contenuti risulti coerente e in qualche modo segnato da una certa evoluzione, sia in riferimento agli stili visitati, che alle emozioni suscitate dalle opere proposte agli ascoltatori.

Avviene comunque che talvolta la scelta dell’interprete sia dettata semplicemente dal proprio piacere, difficilmente spiegabile, di eseguire una data opera e di associarla in modo del tutto irrazionale ad altre opere di altri autori che in prima approssimazione nulla hanno a che vedere tra loro.

E’ questo il caso della sesta edizione di musica registrata alla Passacaglia, costituita da una serie di tre pezzi che nulla hanno in comune tra di loro e che al massimo potrebbero testimoniare l’evoluzione del gusto nel passaggio della “Partita” di settecentesca tradizione alle prime forme di Sonata assai elementari, per poi fiorire nell’interpretazione della stessa Sonata in una forma non solo matura nelle sue contrapposizioni dialettiche, ma addirittura assai complessa, quasi ridondante per il virtuosismo del linguaggio strumentale adottato.

Dopo queste semplici osservazioni, non resta che dare qualche notizia delle opere che compaiono in questa raccolta, formando la sesta ora di incontro alla “Passacaglia”.

JOHANN SEBASTIAN BACH (1685–1750)
Partita in Si bem M (BWV 825)

È questa la prima di sei Partite che costituiscono l’Opus I dei Klavierübungen, pubblicate la prima volta nel 1731. Essa è costituita da una serie di sette pezzi (come per le altre tre partite, ad eccezione della seconda che ne propone solo sei) tutti nella medesima tonalità di Si bemolle maggiore, ognuno dei quali si sviluppa intorno ad un ritmo particolare corrispondente ad una forma di danza ben precisa, ma legati tra di loro da un progetto di grande coerenza. Dice giustamente Alberto Basso (Frau Musika) …. La raccolta bachiana sembra puntare più concretamente sulla proposta di un campionario di modi, trasferendo sulla tastiera stili e maniere propri di altri generi musicali, ma sottoponendo l’organizzazione del discorso al comune denominatore della Suite, qui elevata a palestra di tecnica compositiva. Non ci si troverà in presenza pertanto di una semplice sequenza o successione di danza stilizzate e destinate al trattenimento mondano (Galanterien è termine caro al costume del tempo), ma di una realtà musicale ben più consistente, sottolineata dalla preoccupazione di variare lo stile e dal desiderio di violare il corso normale delle danze con l’inserimento di pezzi che non hanno contatto alcuno con l’arte coreutica. Il riferimento ad una certa libertà di espressione è probabilmente legato soprattutto alla inconsueta forma della splendida, brillante Giga finale che utilizza un metro di 4/4, anziché i consueti 6/8.

BALDASSARRE GALUPPI, detto Il Buranello (1706-1785).
Sonata in Do maggiore.

Compositore veneziano, cresciuto alla scuola del padre violinista, iniziò la sua carriera giovanissimo e dopo alterne vicende che lo portarono alla carica di Maestro di Cappella di San Marco, trovò il vero successo alla Corte di Caterina di Russia dal 1765 al 1768 come Maestro della Cappella di Corte a San Pietroburgo, luogo dal quale ritornò in patria carico di onori e doni per riassumere gli incarichi lasciati nella nativa Venezia. Autore assai prolifico, scrisse una quantità innumerevole di opere teatrali, oratori, cantate, nonché molta musica strumentale, in mezzo alla quale trovano posto ben 85 Sonate per clavicembalo. La maggior parte di tali Sonate propongono una architettura insolita, che assegna al movimento lento la prima posizione nel seguito dei tre movimenti che compongono ciascuna Sonata, anziché collocarlo come di consueto tra due “Allegri” Ognuno dei tre movimenti è realizzato in forma monotematica bipartita seguendo il modello scarlattiano, dal quale si differenzia però per una scrittura priva di eccessivo virtuosismo e talvolta più aperta ad improvvisazioni piene di innocenza. Proprio tale innocenza è forse all’origine di quel fascino disarmante e sottile che pervade il primo movimento, intriso di una serie di indimenticabili, dolcissimi carillons.

FREDERIK CHOPIN (1810-1849)
Sonata in Si m. op. 58

Quando si pensa all’opera di Chopin, è abbastanza facile lasciarsi andare ad interpretare la sua straordinaria fantasia, il suo pianismo elegantissimo, la liricità espressa nei lunghi struggenti cantabili come un rifiuto dalle costrizioni della forma, una volontà di affermazione di canoni romantici negatori di qualsivoglia disciplina. Nulla di più falso di questo luogo comune per un artista che ebbe il dono straordinario di offrire di sé una immagine perfettamente coerente alle teorie esaltate dalle nuove correnti di pensiero germanico dello “Sturm und Drang”, ma in realtà estremamente sensibile ai canoni della forma più rigorosa, persino nelle composizioni di breve respiro. Giova analizzare la struttura dei famosi Studi delle opere 10 e 25 per riconoscere che il loro impianto è del tutto simile a quello dei Preludi del Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach, anche se il nuovo gioco di un pianismo complicatissimo e ricco di effetti assolutamente sorprendenti offre l’immagine di un mondo sonoro assolutamente nuovo. Naturalmente esistono anche esempi assai significativi di composizioni apparentemente assai lontane dalla tradizione, come la celebre Sonata opera 35 (quella con la Marcia funebre) che giunse a scandalizzare un teorico assertore della nuova musica romantica come Robert Schumann. Anche in quel caso sono però piuttosto i contenuti che la forma a presentare aspetti di rivoluzionarietà, poiché ad esempio i ritornelli sono sempre rispettati in modo convenzionale e cosi pure l’architettura generale della Forma Sonata, anche se l’ultimo movimento, un precipitoso rovinare verso il Nulla, presenta certamente più affinità con uno Studio che con un Rondò. La Sonata opera 58 rappresenta invece uno degli esempi più riusciti del nostro autore, grandissimo poeta anche nelle composizioni minime, di contemperare la sua liricità e la ricerca di un pianismo che metteva forse l’eleganza al primo posto nella ricerca del suo personalissimo linguaggio, con la forma Sonata dilatata alle dimensioni vicine a quelle di una sinfonia. Esercizio formalmente assai più riuscito di quelli dei due giovanili Concerti per pianoforte e Orchestra, la Sonata opera 58 si articola in quattro movimenti regolamentari, ognuno dei quali perfettamente articolato nell’ambito della tradizione, ma ricco di spunti pianisitici senz’altro innovativi. Il primo movimento oscilla tra la concitazione di un primo tema marcatamente drammatico e la dolcezza di un secondo tema pieno di affettuosa cantabilità, arricchita peraltro da elementi-ponte di grandi dimensioni e da una coda dai toni sognanti; lo sviluppo drammatico è esemplare e sviluppato soprattutto sulla prima idea forte, che consente pertanto di effettuare una ripresa capace di lasciar cadere tutti gli elementi che nella esposizione potevano apparire ridondanti. Lo Scherzo, semplicissimo, trova il suo fascino nella estrema leggerezza ed eleganza di poche velocissime volute e di due prevedibili modulazioni; il Trio che gli compete è incastonato tra due episodi perfettamente simmetrici. Anche lo splendido movimento lento presenta un lungo poeticissimo, fluente episodio centrale incastonato tra una esposizione di grande cantabilità iniziale ed una sua ripresa leggermente variata; nulla di più rispettoso della forma di questo “Largo” che ricorda alcuni dei più ispirati Notturni. Il movimento più sorprendente è tuttavia l’ultimo, che cala un’irruenza drammatica ed una tensione legata ad episodi di un virtuosismo non fine a se stesso, ma profondamente radicato nel contesto della ispirazione in una perfetta struttura di Rondò, dove il tema iniziale si presenta per ben tre volte in forma sempre più tesa, per precipitare infine in una cosa gioiosa e scintillante di una prodigiosa cascata di sonorità esaltanti, esempio straordinario di forma e libertà della fantasia perfettamente fuse nella purezza del capolavoro.